Intervenite!
Questa pagina Internet tratta l’importante tema del “coraggio civile”. Importante perché riguarda tutte le cittadine e tutti i cittadini che vivono in una società pacifica, democratica e fondata sullo stato di diritto e che desiderano continuare a viverci!
Qui scoprirete
1. cos’è il coraggio civile e cosa implica per la società;
2. perché spesso è difficile dar prova di coraggio civile;
3. cosa dovreste tenere presente prima di dar prova di coraggio civile.
In fondo alla pagina troverete ulteriori informazioni, offerte d’aiuto e indirizzi utili per le segnalazioni, in particolare in tema di violenza domestica, discorsi d’incitamento all’odio, mobbing o bullismo, razzismo, vandalismo e molestie sessuali.
1. Cos’è il coraggio civile?
L’espressione “coraggio civile”, coniata nel 19° secolo, è costituita da civilis, termine latino derivato da civis, ossia cittadino, e da courage, termine francese che significa coraggio e che deriva a sua volta dal termine latino cor, ossia cuore. Coraggio civile vuol dire quindi letteralmente il “coraggio dimostrato da un cittadino” che vive in una società civile e pacifica, diversamente dal coraggio dimostrato da un soldato in guerra. Questo significa che non è necessario trovarsi in situazioni di grandissimo pericolo per dar prova di coraggio. Quando si è costretti dalle necessità, infatti, si agisce.
Il cittadino che dà prova di coraggio civile, invece, si espone intenzionalmente ad un pericolo per mantenere l’ordine e la pace lì dove vive. È attento a quanto succede attorno a lui, interviene non appena si accorge che qualcuno è trattato ingiustamente, senza preoccuparsi di esporsi ad un certo rischio. Se vede due persone litigare, non distoglie lo sguardo.
Al contrario, il cittadino senza coraggio civile dimostra semplicemente indifferenza, non prende posizione, non aiuta e non interviene in caso di problemi. Certo, evita momentaneamente un pericolo per se stesso, ma così facendo incoraggia indirettamente queste forze all’interno della società che per finire minacceranno anche la sua tranquillità.
«Chi tace, acconsente.»
Cicerone, 106–43 a. C.
Il pericolo a cui ci si espone dando prova di coraggio civile di regola non mette a repentaglio la propria vita. La minaccia è calcolabile e spesso neanche tanto grande. Occorre tuttavia valutare bene come si vuole agire, e il proprio intervento dev’essere proporzionale. Se vedete per esempio una signora anziana nel bus farsi apostrofare da una banda di bulli, non è certo una buona idea intromettersi agitando la borsetta, soprattutto se avete già superato gli 80 anni. Nulla vi impedisce però di allertare immediatamente la polizia e di attirare l’attenzione delle altre persone vicino a voi su quanto sta succedendo (più informazioni al riguardo nel capitolo 3).
Si potrebbe addirittura affermare quanto segue: una società in cui si mette in pericolo la propria vita dando prova di coraggio civile è una società che sta perdendo il proprio ordine democratico. Nelle metropoli europee si sono già sviluppate società parallele che si sono ampiamente sottratte al controllo esercitato dagli organi dello stato di diritto. E anche nei villaggi discosti “le persone preferiscono risolvere i problemi tra loro”. D’altronde, le tendenze antidemocratiche non provengono più solo “dal basso”, da una frangia radicalizzata della popolazione, bensì arrivano negli ultimi tempi sempre più spesso “dall’alto”, dai governi stessi: nel centro dell’Europa si tenta di emarginare le minoranze, abolire la parità dei diritti e ridurre le libertà individuali!
Il coraggio civile assume quindi anche questa dimensione politica. Certo, la situazione non è ancora sfuggita di mano, ma in molti Paesi si è giunti visibilmente sull’orlo del baratro. Ecco perché il coraggio civile è tanto importante nella nostra società: interviene sempre prima di ogni altra cosa, ossia prima di precipitare nel baratro della dittatura. Dopo, infatti, rimane solo la resistenza in un Paese in cui non vige più lo stato di diritto. E fare resistenza, mettendo in pericolo la propria vita, è centomila volte più difficile che dar prova di coraggio civile!
«Quando i nazisti vennero per i comunisti, rimasi in silenzio. Non ero un comunista. Quando rinchiusero i socialdemocratici, rimasi in silenzio. Non ero un socialdemocratico. Quando vennero per i sindacalisti, rimasi in silenzio. Non ero un sindacalista. Quando vennero per me, non era più rimasto nessuno che potesse parlare per difendermi.»
Martin Niemöller, 1892–1984
Naturalmente, il rischio zero non esiste! Anche in tempo di pace e anche quando si vive in un Paese democratico, non vi è alcuna garanzia di uscire indenni da ogni situazione conflittuale. Purtroppo, si sente anche di casi emblematici in cui le persone intervenute con coraggio sono state picchiate o addirittura uccise. Fortunatamente simili casi sono rari e soprattutto questo non è certo un argomento contro il coraggio civile, bensì a suo favore! Analizzando queste situazioni più da vicino, si constata infatti quanto segue: si verificano eccessi di violenza perché le poche persone coraggiose sono state abbandonate a loro stesse dagli altri individui presenti che non hanno dato prova di coraggio! Poco importa che poi si dica: «Che eroe è stato!», poiché questa persona, in realtà, non intendeva per nulla esserlo. Avrebbe preferito essere aiutata, invece di essere lasciata in balia degli avvenimenti!
«Sventurata la terra che ha bisogno di eroi.»
Bertolt Brecht, 1898–1956: «Vita di Galileo»
È meglio quindi evitare di arrivare al punto di aver bisogno di persone che “si sacrificano” per altre persone solo per difendere i valori fondamentali della democrazia e i diritti umani! Per non arrivare a situazioni del genere, occorre che la maggioranza della popolazione non si pronunci solo teoricamente “piuttosto a favore” di questi diritti e valori, bensì che li rispetti anche nella pratica, che li interiorizzi. In questo modo, ogni persona che rispetta questi diritti e valori si sentirà subito aggredita personalmente se questi ultimi sono violati. Poco importa in quale circostanza, quando e da chi.
«La giustizia regna quando un criminale è accusato e giudicato sia da coloro a cui non ha arrecato alcun danno che da coloro a cui ha effettivamente arrecato un danno.»
Solone, ca. 640–560 a. C.
I valori e i diritti di cui stiamo parlando si chiamano fra l’altro: diritto alla libertà, diritto all’uguaglianza, diritto all’integrità fisica. Nessuno dev’essere discriminato per il suo sesso, la sua origine, il colore della sua pelle, il suo orientamento sessuale, le sue opinioni politiche, religiose o altro e per qualsiasi altra sua convinzione, né in ambito professionale, né nella vita privata, secondo il ben noto principio «Vivi e lascia vivere». Si tratta della regola d’oro dell’etica: «Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te.» In definitiva è questione di dignità umana.
«Le violazioni dei diritti umani compiute oggi sono i massacri di domani.»
Kofi Annan, 1938–2018
A questo punto dovreste chiedervi onestamente: «Questi sono anche i miei valori?». Il vostro coraggio civile, infatti, dipende proprio da questa domanda fondamentale. In effetti, se non consideraste fondamentali i valori sopracitati come regole del gioco valide per vivere in società, se non vi importasse proprio nulla di come il vostro vicino tratta i suoi figli o del fatto che la signora Bernasconi è vittima di mobbing da parte dei suoi colleghi d’ufficio, i quali la stanno facendo lentamente impazzire, che sarebbe meglio non invitare Mario alla festa perché è omosessuale e per evitare seccature dato che è pure stato invitato Pietro, che è omofobo… Insomma, se foste dell’avviso che tutto questo non è affar vostro, perché chiedervi di dar prova di coraggio civile, in qualsiasi situazione vi troviate…
Perché date prova di coraggio civile? Perché lo volete e non certo perché dovete farlo!

Avete visto il breve video all’inizio? Naturalmente è da intendere in modo simbolico. Ci si potrebbe però chiedere perché la cameriera interviene solo alla fine, quando il giovane vuole fumare, e non prima, quando i signori “malvagi” seduti al tavolo giocano una “sporca partita” con le loro carte nere…
È forse perché, in materia di divieto di fumo, la cameriera può invocare una legge chiaramente formulata, mentre i termini sulle carte utilizzate dai signori “malvagi” rientrano spesso in una zona grigia dal punto di vista legale? Di fatto: «La barzelletta con un nero, un cinese, un ebreo o un arabo, è solo una storiella divertente oppure si tratta già di razzismo?»; «La foto un po’ imbarazzante scattata durante la festa aziendale e affissa all’albo è solo uno scherzo innocente fra colleghi, oppure si tratta già di mobbing?»; «Due innamorati che incidono i loro nomi su un vecchio tavolo di legno senza valore compiono un atto insignificante o si tratta già di vandalismo?»; «Ricevere una pacca sulla spalla dal proprio capo è segno di apprezzamento per un lavoro ben fatto, oppure si tratta già di una carenza sconveniente, e quindi di una molestia sessuale?». In quest’ambito dipende sempre dal contesto e dalle circostanze. Anche per questo motivo simili situazioni sono molto delicate.
È meglio invece concentrarsi su quegli aspetti che per il coraggio civile sono importanti sia nelle scene del film che nella vita reale. Primo: il giovane è attento, guarda cosa succede, non distoglie lo sguardo. Secondo: valuta la situazione per capire se si violano effettivamente i valori fondamentali della democrazia. Terzo: difende questi valori, supera la sua paura e interviene, chiedendo rispetto e tolleranza.
Il termine “Rispetto” (dal latino: respicere guardare indietro) significa spostare l’attenzione dai propri interessi agli interessi altrui. Questo presuppone che gli altri abbiano fondamentalmente dei diritti che io sono tenuto a rispettare e che devono eventualmente accordarsi con i miei. Ecco quindi nuovamente una concezione del diritto profondamente liberal-democratica. Pertanto, un comportamento rispettoso dell’altro dovrebbe poter semplificare ovunque la vita in società, che sia nel traffico stradale o in famiglia, al lavoro o nello sport, fra i sessi e fra le generazioni. Naturalmente, il rispetto non dev’essere unilaterale, bensì va dimostrato in tutte le direzioni e da tutte le persone coinvolte.
Tuttavia, il termine “rispetto” è anche usato in modo indebito. Se per esempio una banda di una ventina di rockettari pronti a venire alle mani entra in un bar ed esige “rispetto”, in questo caso si tratta solo di una dimostrazione di una loro asserita superiorità nel caso volessero attaccar briga. La dichiarazione «Mostra rispetto!» significa in questo caso: «Siamo più forti, sottomettiti». Anche fra i giovani, in particolare con un background migratorio, non di rado si sente muovere il rimprovero di mancanza di rispetto in relazione a contesti religiosi e familiari: «Hai offeso la mia religione!» oppure «Hai offeso mia madre!». Si tratta in realtà di un pretesto o di una giustificazione per commettere atti di violenza brutale. Tutto questo non ha nulla a che vedere con il rispetto.
Il vero rispetto è sempre reciproco e non può essere ottenuto né con l’intimidazione, né con la minaccia. Il vero rispetto è legato ai diritti umani e ha grande riguardo per la dignità dell’essere umano.
«Il rispetto profondo non è mai frutto del timore.»
Marie v. Ebner-Eschenbach, 1830 –1916
La situazione è analoga per quanto riguarda il termine “tolleranza”: di fatto, designa un atteggiamento positivo, spinto dall’amore per la libertà e che riconosce il principio della parità dei diritti. Questo termine può però assumere anche una valenza opposta, a seconda dell’ambito in cui è utilizzato. Ecco quindi apparire la nozione di “tolleranza zero”…
La parola tolleranza deriva la verbo latino tolerare (= sopportare) e in origine significa pazienza o sopportazione. Ma fino a che punto si deve sopportare con pazienza? Le opinioni possono divergere notevolmente a seconda delle culture.
Se gli uni non tollerano la vista di una moschea in mezzo ad paesaggio disseminato di chiese, gli altri non sopportano di vedere un viso di donna sorridente in pubblico senza che… senza cosa esattamente? Gli uni esigono che si tolleri la loro intolleranza, in quanto credono sia voluta da Dio. Gli altri credono che il fatto stesso di credere nell’intolleranza voluta da Dio non dovrebbe semplicemente essere tollerato. In questo modo non si fanno certo progressi!
Di nuovo, la miglior soluzione passa dal minimo comune denominatore che consiste nell’associare il termine tolleranza ai principi di dignità umana e ai diritti umani in una società libera, democratica e in cui vige lo stato di diritto. Tutto ciò che si oppone a questo non è più tollerabile. Tutto ciò che si oppone a questo, fosse anche una questione di fede, non è liberale, non rientra nello stato di diritto e non è neppure democratico.
Tuttavia, a prescindere dalle grandi questioni politiche e religiose, la tolleranza ha anche un significato concreto nella vita di tutti i giorni. Tolleranza vuol dire anche semplicemente: generosità. Dar prova di tolleranza significa evitare le reazioni esagerate, la piccineria e la prepotenza. Non è sempre il caso di chiamare subito la Polizia quando la festa del vicino, anche se chiassosa, si protrae dopo le 23.00. Forse basterebbe semplicemente suonare alla porta e, perché no, bere un bicchiere in compagnia… Non è neppure il caso di arrabbiarsi subito, quando qualcuno ci passa davanti senza fare la fila, per esempio dal panettiere. Forse questa persona non lo ha fatto intenzionalmente! Dar prova di tolleranza significa essere flessibili ed evitare le denunce inutili. Dilettarsi, come passatempo, ad individuare automobilisti mal parcheggiati per poterli denunciare, non fa onore né a se stessi, né alla democrazia. Sgridare regolarmente i propri colleghi porta all’isolamento sociale. Del resto anche il giovane nel nostro film ha dapprima cercato di dar prova di tolleranza, e si è alzato solo quando è stato disturbato per la terza volta.
In fin dei conti, la tolleranza finisce dove i pregiudizi prendono il sopravvento, quando la mancanza di rispetto diventa sistematica e le molestie diventano intenzionali. La tolleranza finisce anche quando si esprimono opinioni inaccettabili, che si tratti di barzellette a sfondo razzista raccontate per mettersi in evidenza all’interno di un gruppo, oppure della negazione di un genocidio, affermata di sfuggita nella conversazione. E in ogni caso non bisogna dimostrare nessuna tolleranza quando incombe un vero pericolo per la propria vita e la propria incolumità, quando la violenza entra in gioco. Prima di arrivare a quel punto, però, dovremmo sforzarci di essere tolleranti!
«La tolleranza è buona, ma non nei confronti degli intolleranti.»
Wilhelm Busch, 1832 –1908
2. Non temete di avere coraggio civile!
Perché è tanto difficile dar prova coraggio civile? Un motivo è sicuramente dovuto al fatto già citato che alcune situazioni in cui sarebbe il caso di dimostrare coraggio civile si collocano in una zona grigia dal punto di vista legale. Sono pochi coloro che osano porre dei limiti chiari in quest’ambito («Questo è troppo! Ora basta!»). Purtroppo, però, anche quando la situazione è chiaramente violenta, vale a dire per esempio quando una persona è a terra, indifesa e continua ad essere picchiata brutalmente, spesso i presenti non sono in grado di reagire e intervenire.
La psicologia sociale ha cercato di scoprire da cosa dipende questo atteggiamento e cita soprattutto quattro motivi all’origine dell’inazione.
Ignoranza pluralistica
Questo concetto designa il fenomeno secondo cui le persone che si uniscono ad un gruppo, interpretano per lo più il comportamento (passivo) del gruppo come giustificato e quindi vi si adattano anche se, prese singolarmente, valuterebbero altrimenti la situazione in questione. In un caso estremo potrebbe quindi anche capitare che un gruppo di persone osservi dalla spiaggia qualcuno che sta annegando in mare, perché ogni singolo crede che tutti gli altri hanno un buon motivo per non soccorrerlo. Si è potuto constatare che la sola presenza di molti spettatori può già di per sé diminuire notevolmente la probabilità che uno di questi presti soccorso in una situazione d’emergenza.
Diffusione di responsabilità
Se una persona fa parte di un gruppo, tenderà, che lo voglia o meno, a provare una minor responsabilità per le proprie azioni e, in un certo qual modo, a cederla a tutti gli altri, specialmente quando le responsabilità attribuite ai singoli non sono chiaramente definite. Ogni individuo farà allora semplicemente quello che fa la massa, facendo affidamento sul fatto che la massa saprà cosa c’è da fare. Dato tuttavia che l’attenzione e l’osservazione dovrebbero essere le prime reazioni in ogni situazione di emergenza o pericolo, prima di agire effettivamente, l’ignoranza pluralistica e la diffusione di responsabilità fanno sì, molto spesso purtroppo, che l’individuo nella massa guardi con curiosità quanto succede, senza però poi passare all’atto seguente, ossia intervenire per aiutare.
Paura di fare una figuraccia
Per molti, agire significa uscire dall’anonimato della massa e entrare in scena. Credono perciò di esserne incapaci. Molte persone, infatti, temono di esporsi, preferiscono rimanere dietro le quinte, evitando di apparire. Hanno paura di fare una figuraccia perché pensano di non essere in grado di valutare correttamente la situazione o di non sapervi far fronte. Di conseguenza hanno paura di essere derisi, come è anche il caso del giovane interprete del film, schernito e sbeffeggiato dal quartetto al tavolo dei clienti abituali.
Paura per la propria vita e la propria incolumità
Soprattutto quando vi sono risse e scazzottate con elementi manifestamente pronti a compiere atti di violenza, molte persone non si intromettono proprio perché hanno paura di diventare a loro volta vittime di violenza fisica. Questo è perfettamente comprensibile. È invece molto meno comprensibile il fatto di proseguire per la propria strada come se non avessero visto nulla, invece di chiamare immediatamente la Polizia e di rimanere nei paraggi per aiutare eventualmente la vittima, dopo la partenza dei delinquenti.
Se vogliamo essere responsabili del benessere dei nostri simili, dobbiamo superare queste quattro paure rispettivamente questi meccanismi psicologici. Nel prossimo capitolo descriviamo come procedere quando si vuole intervenire.
3. Cosa posso fare?
La buona notizia: si può imparare a dar prova di coraggio civile!
I principali requisiti: avere un sistema di valori stabili, essere consapevoli dei possibili fattori socio-psicologici che entrano in gioco in presenza di una situazione di minaccia concreta.
In altre parole: se improvvisamente vi rendete conto che una persona a voi vicina viene aggredita fisicamente o trattata ingiustamente, e nel contempo siete in qualche modo spaventati da quanto sta accadendo, allora si tratta probabilmente di una situazione che richiede il vostro coraggio civile!
Se ritenete che entrambe le condizioni siano presenti, dovreste seguire queste “sei regole in caso di emergenza”:
Sei regole in caso di emergenza
1. Agire senza mettersi in pericolo
Non mettete in pericolo la vostra vita e incolumità. Nessuno vi chiede di diventare a vostra volta una vittima quando soccorrete una vittima. Non esitate invece ad agire se il rischio a cui vi esponete non costituisce una minaccia fisica, per esempio il rischio di fare una figuraccia, se per caso dovesse saltar fuori una “telecamera nascosta”! (E anche se doveste essere ripresi da una telecamera, per esempio di videosorveglianza, avete sempre la possibilità di impedire la diffusione del filmato. Vedere al riguardo l’opuscolo La propria immagine: tutto ciò che prevede la legge.)
2. Chiedere aiuto
Parlate immediatamente con le altre persone presenti. Chiedete loro come vedono la situazione. In questo modo contrasterete più efficacemente le due trappole psicologiche sopracitate, ossia “la diffusione di responsabilità” e “l’ignoranza pluralistica”, e forse troverete rapidamente altre persone pronte anch’esse ad intervenire.
3. Osservare attentamente
Cosa succede? Chi ha detto cosa? Chi ha alzato per primo le mani? Per poter stabilire le responsabilità delle persone coinvolte, è importante poterle identificare chiaramente e ricostruire la dinamica dei fatti. È quindi fondamentale osservare attentamente quanto succede per poter fornire una testimonianza attendibile.
4. Cercare aiuto
Se una situazione rischia di degenerare o se la rissa è già in pieno svolgimento, chiamate subito la Polizia al 117! Questo vale anche in caso di violenza domestica. Non ignorate i rumori provocati dalle botte, le urla di dolore di una donna e il pianto dei bambini provenienti dall’appartamento del vicino, solo perché il giorno seguente tutti si salutano di nuovo cortesemente! Per una vittima è sicuramente meglio intervenire una volta di troppo che agire quando è ormai troppo tardi. In caso di dubbio, chiamate quindi la Polizia.
5. Soccorrere la vittima
Anche se non siete in grado di intervenire quando vi è in corso un atto di violenza, non allontanatevi. Aspettate nelle vicinanze e non appena i delinquenti se ne sono andati, soccorrete la vittima. Se seguite un corso di pronto soccorso, sarete preparati ad intervenire, sia in simili situazioni che in altri casi, come un infortunio.
6. Testimoniare
Quando la Polizia giunge sul luogo del reato, dite che siete stati testimoni dei fatti. Forse avete osservato un dettaglio determinante che permetterà di risalire all’autore o agli autori del reato. La vittima ve ne sarà grata. La miglior terapia per le vittime è infatti sempre quella di veder puniti i propri aggressori.
«Opponiti sin dai primi sintomi!»
Ovidio, 43 a. C. – 17 d. C.
La coesione sociale, la vicinanza al prossimo e il rispetto sono valori che non possono essere imposti. In definitiva, ogni essere umano è responsabile del proprio comportamento nei confronti della famiglia, dei vicini e di tutte le altre persone che lo circondano. Tuttavia, nulla ci impedisce di impegnarci a favore di una maggiore giustizia ed equità e di aiutare i più deboli.
Senza coraggio civile, abbiamo tutti in mano le carte sbagliate. Intervenite!
Ulteriori informazioni, offerte d’aiuto e indirizzi utili per le segnalazioni
Violenza domestica
Informazioni della PSC
Video della PSC
Aiuto alle vittime di reati in Svizzera
Autorità di protezione dei minori e degli adulti (APMA, chiamata in Ticino Autorità regionale di protezione o ARP)
Conferenza svizzera contro la violenza domestica (CSVD)
Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo (UFU)
Mobbing o bullismo
Informazioni della PSC
Video della PSC
Elenco dei servizi dei giovani dei corpi di polizia in Svizzera
147.ch, Pro Juventute
Giovani e media, Piattaforma nazionale per la promozione delle competenze mediali
Molestie sessuali
Informazioni della PSC
Aiuto alle vittime di reati in Svizzera
lilli.ch: consulenza su sessualità, contraccezione, relazioni, violenza, problemi con il proprio corpo e problemi personali (sito solo in tedesco e inglese)
belaestigt.ch: consulenza per le vittime di molestie sessuali sul posto di lavoro
Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo (UFU)
Discorsi d’incitamento all’odio
Informazioni della PSC
Piattaforma di segnalazione dei discorsi d’odio razzisti online
Stop Hate Speech (sito solo in francese e tedesco)
Giovani e media, Piattaforma nazionale per la promozione delle competenze mediali
Razzismo
Piattaforma di segnalazione dei discorsi d’odio razzisti online
Servizio per la lotta al razzismo, Dipartimento federale dell’interno (DFI)
Vandalismo
Conoscenze di base
www.zivilcourage-portal.ch (solo in tedesco) è il portale dell’Università di Zurigo sul coraggio civile che mette a disposizione informazioni scientifiche su questo tema e altri link utili.
www.gra.ch è il sito della Fondazione contro il razzismo e l’antisemitismo (GRA) che si impegna a favore dei diritti umani e del mantenimento della democrazia secondo la concezione svizzera. La GRA è a favore della tolleranza e lotta contro qualsiasi tipo di discriminazione (sito solo in francese e tedesco).
Il sito www.feel-ok.ch (solo in tedesco e francese) fornisce numerose informazioni specifiche per i giovani.
Formazione
www.stattgewalt.ch (solo in tedesco) è un sito che offre alle persone interessate la possibilità di allenare la loro capacità di “intervenire”. Le scene di violenza sono interpretate da attrici e attori. Questo permette di esercitare attivamente il proprio coraggio civile per acquisire maggior sicurezza se dovesse presentarsi un eventuale caso d’emergenza.
www.ncbi.ch (in francese e tedesco) è il sito dell’associazione “National Coalition Building Institute Schweiz” che combatte la discriminazione (razzismo, xenofobia, antisemitismo, sessismo, omofobia, ecc.) e la violenza organizzando workshop e progetti in diverse città della Svizzera.
Protezione delle minoranze
www.gms-minderheiten.ch (solo in tedesco) è il sito della società per le minoranze in Svizzera (GMS), organizzazione apolitica e aconfessionale. Grazie ad un ampio ventaglio di attività, la GMS s’impegna a favore dei diritti e della protezione delle minoranze.
www.ekr.admin.ch è il sito della Commissione federale contro il razzismo (CFR), una commissione extraparlamentare istituita dal Consiglio federale per applicare la Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale.
www.skmr.ch è il sito del Centro svizzero di competenza per i diritti umani (CSDU), un progetto pilota realizzato per conto della Confederazione. Questo centro ha il compito di promuovere il processo d’attuazione degli obblighi internazionali della Svizzera in materia di diritti umani e di consigliare e assistere in questa impresa le autorità a tutti i livelli, la società civile e il mondo economico.