| Chantal Billaud

… o come informare o meno i minori di 16 anni sui limiti legali della pornografia.

“Video pornografici: il numero di adolescenti condannati è raddoppiato! La condivisione
di video a carattere sessuale tra adolescenti sta guadagnando terreno. Nel Cantone X,
si è registrata un’impennata del numero di condanne in quest’ambito.”

“I telefonini di allieve e allievi straripano di pornografia. Il numero di denunce per sexting nei confronti dei/delle giovani è in forte aumento. Nel corso delle indagini a volte capita che il 50% di allieve e allievi di una classe debba ­consegnare il proprio cellulare.”

“Nel Canton Appenzello è stato trovato del materiale pedopornografico di un liceale.
La soffiata decisiva è arrivata dall’FBI.”

Da qualche anno, si leggono regolarmente questi e altri titoli simili sulla stampa non appena ­vengono pubblicate le statistiche delle sentenze o delle denunce, oppure quando un caso speciale viene portato all’attenzione dei media.

La gioventù è fuori controllo? Esattamente cosa sta accadendo?

Siamo convinti che i/le giovani del giorno d’oggi non siano né più né meno interessati alla porno­grafia rispetto alle generazioni precedenti. Ovviamente, oggi è Internet a fare la differenza. “e-commerce is p-commerce”. Questo slogan, vecchio quasi quanto Internet, è risultato essere esatto. La pornografia è molto diffusa in rete. E ogni persona vi ha più o meno libero accesso, indipendentemente dall’età. La protezione dei minori in Internet è inesistente. Da quando è arrivato lo smart­phone, quasi tutti hanno Internet costantemente a portata di mano e in questo caso non c’è praticamente alcun controllo parentale. In altri termini, molti/e giovani guardano porno e si sentono attratti da determinati contenuti che quindi inviano o condividono.

Inoltre, i/le giovani utilizzano soprattutto le piattaforme di social media statunitensi per comunicare tra loro. Tutte le piattaforme statunitensi vengono auto­maticamente scansionate alla ricerca di pornografia illegale. I riscontri vengono poi segnalati alla polizia che trasmette gli indirizzi IP di chi diffonde questi file illegali ai rispettivi Paesi interessati. Quindi, se P. (12 anni) inoltra al suo compagno F. (13 anni) un video “divertente” che mostra un asino mentre penetra una donna, l’invio del video in questione può generare una segnalazione automa­tica alle autorità statunitensi, e la Polizia cantonale deve intervenire dopo aver ricevuto l’informazione dagli Stati Uniti, poiché in questo caso si tratta di un reato perseguibile d’ufficio. P. viene ­denunciato per diffusione di pornografia illegale, F. per possesso.

In Svizzera, la pedopornografia è vietata. Quasi nessuno si oppone a questo divieto. I/Le giovani utilizzano la funzione foto e video dei propri smartphone per fare sexting, anche se hanno meno di 16 anni. Se queste immagini vengono diffuse – volontariamente o meno – e se le autorità statunitensi o svizzere ne vengono a conoscenza, seguirà un procedimento penale anche per produzione di pedopornografia.

Dalla statistica criminale di polizia relativa alle denunce del 2022, emerge che oltre 1000 minori sono stati denunciati per violazione dell’art. 197 CP (pornografia).

La questione qui non è di giudicare la pertinenza o meno della legge e della sua applicazione. Chi non è d’accordo con questa procedura deve intraprendere le azioni politiche del caso per far cambiare le cose.

La nostra missione è però quella di informare i minori sulla situazione giuridica. Naturalmente, questo non impedirà loro di guardare i porno. Nella migliore delle ipotesi sapranno però cosa ­rischiano quando inviano o condividono video o immagini di sexting.

È ciò che abbiamo inoltre cercato di fare con il nuovo sito web www.non-va-bene.ch.

E siamo un po’ sorpresi dall’ondata di duri e aspri commenti che ci sono giunti da alcune persone. Sono pochi, ma hanno una forte eco. C’è chi è sconcertato e indignato e ci accusa di pedagogia nera o di tattiche intimidatorie. C’è anche chi ci accusa di criminalizzare un comportamento perfettamente normale dei/delle giovani.

Prendiamo sul serio le critiche costruttive. E in questa sede vorremmo rispondervi come segue:

  1. Troviamo alquanto sorprendente che un personaggio animato sembri rappresentare, per ­alcune persone, una grave minaccia rispetto al fatto che i minori di 16 anni siano generalmente confrontati con tutte le forme di pornografia.
  2. La “figura autoritaria del buttafuori” – che per l’appunto non è un rappresentante della polizia! – e la sua sorprendente trasformazione alla fine del video sono ovviamente da intendere in modo umoristico e come una strizzatina d’occhio. Abbiamo “testato” questo video facendolo vedere a una ventina di giovani e nessuno di loro si è sentito minacciato. Anzi, la maggior parte l’ha ­trovato molto divertente. Abbiamo però preso atto che non tutti condividono questo tipo di umorismo e lo rispettiamo. Accontentare tutti è un’arte che nemmeno la PSC è in grado di ­padroneggiare.
  3. Non capiamo l’argomento secondo cui criminalizzeremmo questo comportamento, in quanto è già punito dal codice penale.
  4. Non abbiamo un mandato in materia di educazione sessuale e questo non è neppure il nostro approccio. Eppure un certo numero di educatrici e educatori sessuali ci hanno criticato per ­questo nei loro feedback. Probabilmente non abbiamo fatto un’informazione sufficiente sull’uso dei nostri materiali e sul contesto, altrimenti non riusciamo a spiegarci questa critica. Naturalmente è giusto e importante che i/le giovani affrontino i temi della sessualità e della porno­grafia, imparino la differenza tra i due, non abbiano vergogna a parlarne e possano rivolgersi a professionisti in caso di dubbi o incertezze. Le misure che mettiamo in atto per prevenire la criminalità non vanno considerate come una forma di concorrenza e men che meno come un’alternativa, bensì sono da intendere come un’offerta complementare. Ed è proprio questo il modo di utilizzarle.
  5. Ci è stato pure detto che non abbiamo centrato il gruppo destinatario. Abbiamo scelto la fascia d’età compresa tra i 10 e i 16 anni perché i temi trattati riguardano questo specifico gruppo. Siamo consapevoli dell’eterogeneità di questa fascia di popolazione e quindi anche del fatto che alcuni si sentono interpellati e altri no. Questa difficoltà riguarda però quasi tutte le campagne di prevenzione e ci sorprende che alcune persone critiche non lo capiscano.

Ci auguriamo che queste spiegazioni abbiano reso più chiaro il nostro approccio.

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